28 settembre 2007

In support of our incredibly brave friends in Burma..



«Che noi possiamo essere completamente liberi da tutti i pericoli, da tutti i dolori, dalla povertà e che la pace regni nei nostri cuori e nel nostro spirito».



In support of our incredibly brave friends in Burma: may all people around the world wear a red shirt on Friday, September 28. Please forward!

26 settembre 2007

Se non avessimo limiti, non potremmo superarli

Paradossalmente, con un tubo catodico sempre più arido, questi mini-capolavori del marketing hanno conservato quasi intatta quella raffinitassima capacità di giocare con le immagini e colpirti lì, dove la tua sensibilità è più vulnerabile, dove i miliardi di innumerevoli flash e deja-vu della tua vita si intrecciano con i tuoi ricordi, e le tue visoni.

Io, questa città, l'ho vista mille volte.

24 settembre 2007

Il mondo superiore

"Dentro una dimora sotterranea a forma di caverna, con l’entrata aperta alla luce e ampia quanto tutta la larghezza della caverna, pensa di vedere degli uomini che vi stiano dentro fin da fanciulli, incatenati gambe e collo, sí da dover restare fermi e da poter vedere soltanto in avanti, incapaci, a causa della catena, di volgere attorno il capo. Alta e lontana brilli alle loro spalle la luce d’un fuoco e tra il fuoco e i prigionieri corra rialzata una strada. Lungo questa pensa di vedere costruito un muricciolo, come quegli schermi che i burattinai pongono davanti alle persone per mostrare al di sopra di essi i burattini. – Vedo, rispose. – Immagina di vedere uomini che portano lungo il muricciolo oggetti di ogni sorta sporgenti dal margine, e statue e altre figure di pietra e di legno, in qualunque modo lavorate; e, come è naturale, alcuni portatori parlano, altri tacciono. – Strana immagine è la tua, disse, e strani sono quei prigionieri. – Somigliano a noi, risposi; credi che tali persone possano vedere, anzitutto di sé e dei compagni, altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte? – E come possono, replicò, se sono costretti a tenere immobile il capo per tutta la vita? – E per gli oggetti trasportati non è lo stesso? – Sicuramente. – Se quei prigionieri potessero conversare tra loro, non credi che penserebbero di chiamare oggetti reali le loro visioni? – Per forza. – E se la prigione avesse pure un’eco dalla parete di fronte? Ogni volta che uno dei passanti facesse sentire la sua voce, credi che la giudicherebbero diversa da quella dell’ombra che passa? – Io no, per Zeus!, rispose. – Per tali persone insomma, feci io, la verità non può essere altro che le ombre degli oggetti artificiali. – Per forza, ammise. – Esamina ora, ripresi, come potrebbero sciogliersi dalle catene e guarire dall’incoscienza. Ammetti che capitasse loro naturalmente un caso come questo: che uno fosse sciolto, costretto improvvisamente ad alzarsi, a girare attorno il capo, a camminare e levare lo sguardo alla luce; e che cosí facendo provasse dolore e il barbaglio lo rendesse incapace di scorgere quegli oggetti di cui prima vedeva le ombre. Che cosa credi che risponderebbe, se gli si dicesse che prima vedeva vacuità prive di senso, ma che ora, essendo piú vicino a ciò che è ed essendo rivolto verso oggetti aventi piú essere, può vedere meglio? e se, mostrandogli anche ciascuno degli oggetti che passano, gli si domandasse e lo si costringesse a rispondere che cosa è? Non credi che rimarrebbe dubbioso e giudicherebbe piú vere le cose che vedeva prima di quelle che gli fossero mostrate adesso? – Certo, rispose. E se lo si costringesse a guardare la luce stessa, non sentirebbe male agli occhi e non fuggirebbe volgendosi verso gli oggetti di cui può sostenere la vista? e non li giudicherebbe realmente piú chiari di quelli che gli fossero mostrati? – È cosí, rispose. – Se poi, continuai, lo si trascinasse via di lí a forza, su per l’ascesa scabra ed erta, e non lo si lasciasse prima di averlo tratto alla luce del sole, non ne soffrirebbe e non s’irriterebbe di essere trascinato? E, giunto alla luce, essendo i suoi occhi abbagliati, non potrebbe vedere nemmeno una delle cose che ora sono dette vere. – Non potrebbe, certo, rispose, almeno all’improvviso. – Dovrebbe, credo, abituarvisi, se vuole vedere il mondo superiore. E prima osserverà, molto facilmente, le ombre e poi le immagini degli esseri umani e degli altri oggetti nei loro riflessi nell’acqua, e infine gli oggetti stessi; da questi poi, volgendo lo sguardo alla luce delle stelle e della luna, potrà contemplare di notte i corpi celesti e il cielo stesso piú facilmente che durante il giorno il sole e la luce del sole. – Come no? – Alla fine, credo, potrà osservare e contemplare quale è veramente il sole, non le sue immagini nelle acque o su altra superficie, ma il sole in se stesso, nella regione che gli è propria."

Platone, Repubblica, 514d-515c

23 settembre 2007

Deaf Pedestrians ovvero come svoltare un pomeriggio noioso


Traccia consigliata: "Hail To The Geek" sul loro profilo MySpace (link nel titolo del post)

Are the horizontal lines parallel or do they slope?

Vite parallele. Noi e gli altri. Noi e i nostri vicini di casa, che tornano ad avere una faccia, un nome e un cognome solo quando cambiano macchina o si comprano il cane. Noi e gli altri automobilisti intorno a noi, imbottigliati nel traffico, con i loro gesti meccanici, le loro espressioni imbronciate, i loro finestrini appannati, che si affannano, si pettinano, si truccano, si scaccolano e poi sbuffano, sbaruffano, sbatuffolano con tutti e con tutto, bipedi o quattroruote, uomini o semafori. Noi e i nostri contatti messenger, di cui a volte ci dimentichiamo, ma a cui non neghiamo mai uno sguardo incuriosito al nick o un pettegolezzo veloce quando aggiornano i blog. Noi e le persone intorno a noi. In mezzo, distanze variabili, giochi di specchi che ammiccano, biblioteche che nascondono vani, vani che nascondono altri vani, tutti chiusi, tutti segreti. Forse tutto questo comunicare non è che un gioco di inganni, forse siamo davvero tutti presi dalle nostre vite belle diritte, belle solcate, e non ci concediamo mai deviazioni, non mettiamo mai in discussione i nostri schemi mentali. O forse è vero il contrario, forse le nostre vite apparentemente rigide, si allungano lì con la manina a toccare il più possibile, a sporgersi col collo per annusarsi, scrutarsi, fischiettarsi a vicenda. Da quale punto possiamo osservare le cose come sono veramente?


In fondo, il quinto postulato di Euclide nessuno lo ha mai dimostrato.