23 aprile 2008

Con un elastico austero

Lì è pura anarchia.

Linee tratteggiate su fogli a quadretti

si allacciano,

si perdono.

Laggiù un puledro affronta le fiamme bendato.

E un uomo seduto ascolta turbato

le sinfonie irregolari di un coro di ambizioni.

Ho bisogno di meditare su oracoli nuovi.

Ho bisogno di vigilare su questo mucchio sparpagliato di carte.

Ho bisogno anche di te che tieni la mia testa stretta tra le mani.



E nel caos di questi giorni, trovare la forza di legare questi fasci di idee

con un elastico austero.

22 aprile 2008

Trivii

Arrivato a un trivio, l’uomo si ferma. Guarda a lungo alle sue spalle, quella strada fatta di curve leggere, pendii addomesticati dall’asfalto, segnaletica corrosa dalla pioggia, contorni fumosi e punteggiati di erbacce. Sorride. Che scemo, poteva essere così tutta la vita.
Poi guarda a lungo davanti a sé. Una statua di Ecate tiranneggia sull’incrocio illuminando tre cartelli di marmo con una torcia di ferro battuto. I cartelli sono bianchi. Lui si guarda attorno inquieto: non vuole incrociare gli sguardi con la statua, si sente come un esaminando davanti alla Minerva della Sapienza. O come Atreiu sotto le sfingi d’oro della Porta del Grande Enigma.
Su un terreno brullo si snodano a raggiera tre ameni sentieri, distanti, affini, plurali. Tutti indistintamente in salita. Sfarzoso. Onirico. Borghese. Gioia. Beatitudine. Serenità. Il suo occhio cade su un pavimento di foglie incastonato di pigne. E osservando attentamente nota un piccolo percorso appena tratteggiato, che si srotolava trasversalmente ai tre sentieri maestri, incrociandoli e legandoli come la stoffa nera tra le stecche dei ventagli. Era triste, percorso da ombre, perseguitato dal fango. Era lungo, poliedrico, eclettico, dialettico. Era assolutamente e apparentemente la scelta più anonima e più idiota.
Ma i tre sentieri principali erano talmente diversi e le loro mete talmente lontane e avvolte dalla nebbia, che l’uomo la preferisce a tutte le altre.
Si gira, non è sicuro. Ecate lo fissava impassibile. Solo allora si accorge che la luce passava dalla torcia strisciando dall’uno all’altro fino all’ultimo cartello per poi tornare, e cominciare, e tornare ancora, tessendo una maglia di luce come una fila di perle in un prezioso collier. Si rende conto che la luce accecante rendeva illeggibili le lettere sui cartelli che all’inizio gli sembravano bianchi. Spinto dalla curiosità, decide di avvicinarsi e chiarire il mistero prima di proseguire. Aveva come l’impressione che le lettere tornassero leggibili in quei pochi istanti in cui la torcia abbandonava un cartello per illuminare un altro. Ma pur tentando più volte, non ci riesce.

Sulla torcia però trova una scritta.

ΔΡΑΜΑ